"Avevo proprio bisogno di questo film"
Questo il mio pensiero subito dopo essere uscito dalla sala, con ancora negli occhi quella meraviglia visiva ed emozionale che è L'isola dei cani (The isle of dogs), ultimo film del visionario regista statunitense Wes Anderson.
Un film animato in stop motion che ha iniziato a far parlare di sé sin da quando, nel 2015, Anderson annunciò di voler tornare all'animazione con un film incentrato sui cani.
Dopo una meravigliosa introduzione che racconta dell'eterna lotta tra umani amanti dei gatti contro quelli amanti dei cani ci troviamo catapultati in una ipotetica megalopoli giapponese del 2037, Megasaki, dove i cani vengono messi al bando ed esiliati su un'isola, ribattezzata poi appunto L'isola dei cani, dopo il propagarsi di un’epidemia di influenza canina.
Gli uomini sembrano troppo spaventati da questa tremenda malattia per opporsi al triste destino riservato ai loro animali, ma qualcuno non si arrende e cerca in tutti i modi di raggiungere l'isola per ritrovare il suo cane. Questo qualcuno è Atari Kobayashi, nipote del sindaco di Megasaki che aveva dato il via libera alla deportazione degli animali.
Una volta arrivato sull'isola il ragazzino fa amicizia con alcuni dei cani che meno risentono per ora degli effetti della malattia, ed in particolare inizia una splendida relazione con il più difficile fra loro, l’unico ad essere cresciuto come randagio e che inizialmente mostra le maggiori reticenze ad aiutarlo nella sua ricerca.
Dato il profondo rispetto che nutro per tutti gli animali e l’amore per i cani in particolare pensavo che sarei uscito dal cinema in lacrime conoscendo a grandi linee la trama, mentre Anderson è riuscito nell’intento di farmi uscire dalla sala con un enorme sorriso stampato in faccia, dovuto in parte alla comicità, quasi involontaria, di alcune scene della pellicola ma soprattutto da un profondo senso di soddisfazione dovuto alla consapevolezza di aver appena visto un’opera d’arte totale che mi sarebbe rimasta per sempre nel cuore.
Il film mette in scena uno spettacolare uso della stop motion, detta anche tecnica a passo uno, già sperimentata in Fantastic Mr Fox, uno dei precedenti lavori del regista. Ogni scena è dettagliata in modo maniacale e miscela anche diverse tecniche come anche il disegno tradizionale stile anime in alcune particolari sequenze.
Ed in mezzo a questa esperienza sognante e visivamente da favola ci sono loro, i cani e Atari, protagonisti che non hanno nemmeno bisogno di esprimersi a voce così tanto per empatizzare con gli spettatori, protagonisti con storie strabilianti ma credibili, capaci di azioni straordinarie come di piccoli gesti che ci scalderanno il cuore.
Perché si, ci sarà anche qualche scena che una lacrimuccia ve la farà scendere, anche se uno dei maggiori pregi dell’opera è proprio quello di non voler essere mai una visione forzatamente strappalacrime come troppo spesso succede nel cinema.
E non manca un messaggio di fondo, tanto semplice quanto profondo, ovvero che probabilmente dovremmo provare tutti ad essere un pochino più in sintonia con gli altri, con gli animali, con la natura, insomma con il nostro mondo.
どうもありがとう
Maurizio "Kirio1984" Iorio
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